"Un regista è ciò che esiste di più dimile a Dio, con tutta un'équipe ai suoi ordini. Il personaggio di Antonio Bandera è molto vicino all'essere lui stesso un creatore, perchè d'improvviso fabbrica pelle artificiale. E' un tipo estremo, uno psicopatico... e io non son esattamente così."
L'accoglienza per il suo nuovo film "La piel que habito" è stata molto calda da parte di critica e pubblico. Decisamente incoraggiante per una pellicola che si discosta fortemente dai suoi successi passati e segna una sorta di svolta per il regista spagnolo verso l'horror. Lo stesso regista l'ha definito nei mesi passati: "un horror senza grida nè spaventi". Decisamente un altro Almodovar che non fa ridere ma crea tanta tensione non dimenticando di essere surreale e grottesco. La storia è quella di un chirurgo plastico che vendica la violenza sessuale subita dalla figlia trasformando il violentatore in una donna con la creazione di una pelle a cui lavorava da tempo. Una sorta di novello Frankestein a cui il regista non smentisce di essersi ispirato. In Spagna uscirà nelle sale a settembre mentre in Italia dobbiamo aspettare il prossimo novembre.
Oggi è la volta di uno dei papabili vincitori della Palma d'Oro e di un regista italiano: Paolo Sorrentino. La curiosità è tanta per vedere come un italianissimo sia riuscito ad affrontare atmosfere americane on the road e a parlare del rock. "This must be the place", infatti, è la storia di una rockstar alla ricerca dei nazisti che confinarono il padre in un lager. Indagine sui rapporti familiari con un Sean Penn che cambia decisamente i suoi connotati.
Fuori concorso arriva il cinema sociale e di protesta con Jafar Panahi, il regista che in Iran è condannato a sei anni di prigione e a non poter lavorare per vent'anni. Nel suo "In Film Nist" (Questo non è un film) il regista, attraverso il racconto della sua vita quotidiana, punta a fare un resoconto sulla situazione del cinema in Iran. Panahi, che naturalmente non può essere presente al Festival, ha mandato un messaggio:
"Il fatto di essere vivi e il sogno di mantenere intatto il cinema iraniano ci incoraggia a superare le attuali restrinzioni"
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