Si chiude il Festival di Roma 2011: poca forma, e la sostanza?


6° edizione del Festival di Roma decisamente sottotono, scanzonata, poco formale, una festa con un'organizzazione che, a volte, ha lasciato a desiderare. Lo dice lo stesso Richard Gere, che ha vinto il Marc'Aurelio alla carriera: "Mi piace essere qui, in quest'atmosfera così informale dove non si pretende che tutto sia professional". Poca forma e la sostanza?


Anche la sostanza un pò ha latitato con film di scarso interesse e appeal per il pubblico e qualitativamente inferiori alle edizioni passate. Pochi personaggi che abbiano fatto discutere o suscitato interesse, cosa che serve sempre per la ribalta, non solo nazionale, di un festival del cinema. La  notizia che più ha girato nei telegiornali e sul web è quella dei fischi al ministro La Russa che poi dà dello stronzo a Claudio Amendola colpevole, secondo lui, di aver aizzato la protesta.




Il Festival Internazionale del Film di Roma ha bisogno di trovare ancora una sua identità. Metà strada tra il Festival di Torino, partito come cinema per i giovani e diventato sempre più internazionale con pellicole d'autore e di grande qualità, e lo storico ed istituzionale Festival di Venezia. Sembra che cerca di darsi una veste internazionale e festivaliera meno formale (partito come festa appunto) per concorrere con quello di Venezia ma mancano le pellicole, troppo poco la presenza del cinema asiatico, manca il Lars Von Trier della situazione, mancano i personaggi che fanno cinema.




Ha una dimensione ancora troppo provinciale e ne dà la dimostrazione la grande quantità di italiani presenti, tranne che poi non premiarli. Anche il premio alla carriera a Richard Gere (bello, affascinante quanto volete, piace a tutte, lo conoscono tutti, grande sensibilità e distacco dato dal buddimo, ma che carriera ha?) è segno di provincialità e mancanza di originalità o, semplicemente, la mancanza di attrattiva per altri personaggi che preferiscono altri lidi. Per conquistare attrattiva deve conquistare identità e credibilità, magari partendo in piccolo, scoprire talenti e pellicole, per poi aprirsi ai grandi nomi.

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