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"Il Dittatore" Sacha Baron Cohen |
Stavolta Sacha Baron Cohen interpreta un dittatore mediorentale deposto che si perde negli Stati Uniti, ispirato alla figura di Saddam Hussein. La pellicola, diretta dallo stesso regista di "Borat" Larry Charles, vede tra gli altri protagonisti anche Megan Fox e Ben Kingsley. Avevamo già avuto modo di parlarne in occasione della presentazione al Festival di Cannes 2012 dove Baron Cohen ha simulato un vero ingresso da monarca con tanto di cammello, scorta armata femminile e una Elisabetta Canalis non si sa bene a fare cosa. Ora diamo conto delle recensioni di stampa, riviste specializzate e blog sul film che spacca in due la critica ma che su una cosa unisce: il ridere senza remore.
Alcune trovate sono decisamente spassose: la gara di corsa truccata, con il nastro d’arrivo che va miracolosamente incontro al regale atleta: il volo in elicottero sopra Manhattan dove il generale chiacchierando concitato in arabo con un concittadino, terrorizza una coppia di americani; e soprattutto il discorso alle Nazioni Unite, quando Aladeen si produce in una analisi dei difetti insiti nel sistema democratico americano, che pur giocata sul paradosso e sulla burla, tocca temi sensibili dell’attuale dibattito politico. Altre volte Cohen esagera: ma, come ha scritto un critico britannico, alcune sue gag sono così stupide o eccessive che ti verrebbe da scuotere la testa e invece non puoi fare a meno di ridere. (Alessandra Levantesi su La Stampa)
Non c’è due senza tre. Purtroppo. Dopo Borat e bruno, ecco quest’altra
sgangherata goliardata dell’inneffabile Sacha Baron Cohen. Un guitto che
nel nostro glorioso avanspettacolo avrebbe faticato a ritagliarsi un
ruolo di seconda fila e invece è stato incredibilmente issato
sull’Olimpo dell’umorismo internazionale (…) Ridateci Alvaro Vitali. (Massimo Bertarelli su Il Giornale)
Il dittatore, diretto da Larry Charles, è il nuovo film scritto e interpretato da Sacha Baron Cohen: meno sorprendente di Borat (giornalista kazako razzista e antisemita incontra la banalità americana), più riuscito di Brüno
(giornalista austriaco omosessuale nel mondo della moda), è come gli
altri due pieno di porcherie adolescenziali (puzze, masturbazioni,
esibizionismi) e di gag classiche, è prevedibile e cinico, volgare e
kitsch: e tuttavia è molto divertente, il che costringe a risate
liberatorie di cui un po’ ci si vergogna (Natalia Aspesi su La Repubblica)
Borat e Brüno mettevano in scena le reazioni stupefatte (vere o finte
non importa) degli astanti, includendo di fatto gli spettatori (cioè
noi) nel gioco. The Dictator usa i vizi, le crudeltà, l’arroganza
dell’Ammiraglio generale Haffaz Aladeen, nemico giurato della democrazia
e dello stile di vita occidentale, come ariete per sfondare porte
spesso spalancate...Si ride, anche molto, ma dov’è finita la ferocia dei primi film?
(Fabio Ferzetti su Il Messaggero)
Non bastano un comico dalle capacità comunque notevoli e un personaggio
radicalmente scorretto a fare un buon film. Lo dimostra in maniera
piuttosto evidente la nuova collaborazione tra il regista Larry Charles e
la star Sacha Baron Cohen. Il dittatore è un lungometraggio in
cui si possono trovare una grande quantità di scene divertenti, di
battute corrosive, di situazioni che possono far sorridere a denti
stretti oppure far gridare all'insulto. Eppure questi fattori messi
insieme tra loro non riescono a comporre un film convincente,
soprattutto perché basato su una sceneggiatura troppo fragile. (Adriano Ercolani su Il Cinematografo.it)
Il dittatore fa ridere, e molto, ed ha almeno un momento sublime (il discorso finale di Aladeen su dittatura vs. democrazia, che produce una straniante consapevolezza della nudità del re in chiunque abbia orecchi per intendere), ma deve affidarsi totalmente alla genialità dello shlemiel ebraico, il buffone sempliciotto che dice quello che pensa, soprattutto se non si deve dire. Ma che non ha interlocutori al suo livello, nel caso di Baron Cohen, perchè è lui stesso a crearli. (Daniela Catelli su ComingSoon)
Con Il dittatore,
Baron Cohen fa il salto che molti attendevano, allontanandosi dai suoi
personaggi da piccolo schermo (ai due citati in precedenza va aggiunto
quello di Ali G,
alter ego dell'attore in televisione, oltre che protagonista
dell'omonimo film del 2002) e confezionando una pellicola dal taglio
maggiormente narrativo, in cui la satira politica si fa esplicita, il
gioco della provocazione più scoperto, i riferimenti (reali e
cinematografici) più trasparenti. L'ispirazione ideale (in chiave
ovviamente parodistica) è il libro Zabibah and the King
di Saddam Hussein, mentre, a livello puramente cinematografico, il film
può essere letto come una versione rovesciata e deragliante del
capolavoro di Charlie Chaplin Il grande dittatore. Marco Minniti su(Movieplayer.it)
...manovra le coscienze dei poveri esseri pensanti e li
immette nella carreggiata giusta, un film che crea un limbo del genere
attorno a se. Schietto, volgare, omofobo, razzista a tutti gli effetti e
sessualmente adolescenziale, queste sono i principali ingredienti del
nostro Dittatore. Un film decisamente positivo, che riesce a scoperchiare la quotidianità
che troppo spesso c’attanaglia per renderla più visibile e farci
smuovere dalla poltrona di casa… anche solo per andare al cinema. (Morpheus su MisterMovie.it)
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