Recensioni, rassegna stampa e web su "Miele". Il primo film da regista di Valeria Golino, film sull'eutanasia presentato al Festival di Cannes 2013.
Miele (Drammatico, Eutanasia - Italia 2013) di Valeria Golino con Jasmine Trinca, Carlo Cecchi, Valeria Bilello, Vinicio Marchioni, Iaia Forte
La storia di una ragazza di circa trent'anni che ha deciso di aiutare
i malati terminali nel porre fine alla loro agonia. Un giorno a
richiedere il suo servizio è un settantenne in buona salute, che ritiene
semplicemente di aver vissuto abbastanza...questo incontro metterà in
discussione le sue convinzioni.
Miele è un film attuale, quasi di cronaca, che evita con intelligenza
ogni presa di posizione di parte, religiosa o di convenienza politica.
Il lavoro porta Miele in casa dell’ingegnere settantenne Grimaldi (il
tuttora affascinante grandissimo Carlo Cecchi) che vive da solo e da
solo vuole sbrigare la sua fine. La sua sola sofferenza è la noia, il
non desiderare più nulla.
Natalia Aspesi su La Repubblica

pro o contro, un film-dibattito che magari prende spunto dalla cronaca, coinvolga vari livelli di responsabilità (la legge, la morale, la salute), chiami in causa lo Stato, la Chiesa, la Medicina... Invece il tema del film è molto più semplice e insieme molto più complicato, disturbante. Miele pone allo spettatore una domanda a cui forse non è preparato a rispondere, semplice e diretta nella sua crudezza: come si guarda in faccia la morte?
Paolo Mereghetti su Il Corriere della Sera
Oggi, che molto è cambiato e la morte è diventato un tabù sociale,
sempre più nascosto e dimenticato nella vita vera, forse certe «verità»
si possono rimettere in discussione. Valeria Golino ha avuto il coraggio
di farlo, costringendo lo spettatore ad aprire gli occhi come fa in un
drammatico piano fisso Irene/Miele.
Alessandra Levantesi Kezich su La Stampa
Miele è essenziale, privo di qualsiasi orpello o eccesso stilistico,
eppure molto riconoscibile proprio per l'indiscutibile coerenza estetica
e di linguaggio che accompagna il film dalla prima all'ultima
inquadratura. In un certo senso, e qui il rischio è quello di sfiorare
lo schematismo....ma è un limite calcolato, come la musica diegetica (da Bach
ai Talking Heads, da Thom Yorke a Christian Rainer) utilizzata a mo' di
rifugio dalla protagonista quasi a voler allontanare i rumori
superflui, l'inutile noise di una vita che, come detto, per lei sembra
essere tale solamente al di sotto della "superficie", tra le onde di un
mare invernale in cui nascondersi da tutto, prima di ogni cosa dalla
morte.
Valerio Sammarco su Il Cinematografo.it
La grande forza del film è data innanzitutto da una regia asciutta e
priva di inutili abbellimenti estetici che segue la parabola interiore
della protagonista in maniera distaccata, ma anche da una visione
totalmente oggettiva di ciò che accade e priva di giudizio o di prese di
posizione. Complice una Jasmine Trinca in ottima forma e pienamente inserita nel
personaggio, la Golino ha dato vita a un film privo di smanie autoriali
che arriva dritto al punto. Un lungometraggio coraggioso e profondo,
diretto da una neo-cineasta precisa e competente. Una regista di cui il
panorama cinematografico italiano aveva bisogno.
Sandra Martone su Film4Life.org
Questa la storia tratta da ‘A nome tuo’ (di Mauro Covacich, Einaudi), una storia difficile ma tanto voluta da Valeria Golino, nonostante fosse un esordio, scelta e portata avanti costruendola piano, nei personaggi, nelle sfumature, nelle inquadrature...I difetti non mancano, sia chiaro, ma la cura profusa è tale da
isolarli, e capace di mettere in evidenza – grazie anche alle
interpretazioni dei due protagonisti – una storia di redenzione e di solidarietà raccontata con equilibrio, sensibilità e intelligenza.
Mattia Pasquini su Film.it
Videointervista a Valeria Golino sul film
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