Rassegna stampa "L'intrepido": recensioni da stampa e web sul film in concorso fischiato a Venezia 2013

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"L'intrepido", la crisi italiana secondo Gianni Amelio, con Antonio Albanese nei panni di un disoccupato che tiene duro col sorriso. Un messaggio di speranza che al Festival di Venezia 2013 non è piaciuto ed è stato considerato un film buonista dalla scrittura scadente. Di seguito la rassegna stampa: recensioni da stampa e web sul film dal 5 settembre nelle sale.



L'intrepido (Drammatico - Italia 2013)
di Gianni Amelio con Antonio Albanese, Livia Rossi, Gabriele Rendina, Alfonso Santagata, Sandra Ceccarelli
In una Milano desolante Antonio Pane ha perso il lavoro e ha divorziato dalla moglie ma lui non si arrende. Antonio trova il modo di lavorare facendo da "rimpiazzo": sostituisce chi deve assentarsi dal lavoro e rischia di essere scoperto. Pane fa di tutto: dal cameriere al tramviere, dal muratore al venditore ambulante purchè abbia qualcosa da fare e sembra affatto angustiato da tutti i suoi problemi e dall'avvilente realtà che lo circonda. 


La forza del film sta nella inedita visione di Milano (compresi i vecchi tram che purtroppo non circolano più) e naturalmente nella pacata, poetica, presenza di Albanese e nella sua voce gentile, tranquilla, che una volta sola, in un momento di fatica e sperdimento, si trasforma finalmente in un grido di impotenza. 
Natalia Aspesi su La Repubblica

L’intrepido di Gianni Amelio cerca di guardare con occhi nuovi ciò che abbiamo davanti da tanto di quel tempo da non farci neanche più caso (…) Solo che a forza di digressioni, giocate per giunta su registri sempre diversi, con bruschi salti di tono e di coerenza, L’intrepido si impantana in una struttura inutilmente complicata che non dà mai vero spessore ai personaggi principali(…) E tantomeno rende più acuto il nostro sguardo sul mondo in cui vivono, così tristemente simile al nostro.
Fabio Ferzetti su Il Messaggero

Il film parte con un elegante stile da strip che permette al bravo Albanese di giocare su una cifra essenziale e stilizzata a lui congeniale, ma la sceneggiatura non sostiene la scelta fino in fondo, introducendo temi narrativi (l’incontro sentimentale con una ragazza depressa e il rapporto d’affetto con un figlio troppo fragile) che anche per l’inesperienza dei giovani interpreti, risultano deboli e poco convincenti. 
Alessandra Levantesi su La Stampa

Il film non “cresce” mai, inanella situazioni che sembrano vivere solo della bella fotografia di Luca Bigazzi, finisce per “incartarsi” nella rassegnazione di Antonio.
Paolo Mereghetti su Il corriere della sera 


In generale L’intrepido si mostra un film stranamente freddo, anche a dispetto di una storia profondamente umana, in cui l’empatia tra spettatore e personaggi (almeno col protagonista) non dovrebbe venir meno neanche per un istante. Ed invece certe battute forzate, certe uscite fuori posto, vanificano anche quel briciolo di realismo che eppure giace in fondo al racconto..
Antonio Maria Abate su cineblog.it

E' a suo modo una fiaba, L'intrepido, che guarda al Chaplin di Tempi moderni (si pensi alla scena della lavanderia) provando a mescolare commedia, dramma e poesia ma che rimane sospesa - e imbrigliata - proprio nel momento in cui sceglie di mirare al pathos, affidandosi a caratterizzazioni poco riuscite (da rivedere i due esordienti Livia Rossi e Gabriele Rendina) ed esponendo il fianco con dialoghi, spiace dirlo, che rasentano il ridicolo..
Valerio Sammarco su ilcinematografo.it 

Amelio vuole raccontare il ring dell’Italia di oggi, ma sembra più che altro perdersi nei ricordi di un paese lontano, forse mai esistito se non sulle pagine de "L’intrepido". Le premesse definite “fumettistiche”, lasciano presto spazio, quasi come si innestasse un automatismo, a un ritorno al realismo di routine che non riesce a svilupparsi in una storia compiuta né a sfruttare a pieno la “morbidezza” espressiva di Albanese.
Mauro Donzelli su comingsoon.it

Il film nasce da una suggestione sui tempi che viviamo e sul valore dell'umanità, sia maiuscola che minuscola. L'aspetto sensoriale e descrittivo prevale, però, prepotentemente sulla qualità della narrazione che abusa di luoghi comuni a discapito di ritmo e coinvolgimento. Qualche manierismo di troppo nelle interpretazioni e la percezione predominante è quella di una mancata occasione.
Flavia D'Angelo su cinemadelsilenzio.it

 Il film non è quell’esordio nella commedia di Amelio di cui si era parlato. È invece il ritorno suo a quanto sa fare meglio, descrivere l’Italia, le sue zone oscure e periferiche, il suo sottosuolo. L’intrepido ha un andamento rapsodico, accumula segmenti e singoli episodi e non ce la fa a costruire, o non vuole, una progressione narrativa e drammaturgica. Il migliore Amelio da molti anni in qua. Imperfetto, ma, si sa, nessun film è perfetto.
Luigi Locatelli su nuovocinemalocatelli.com 

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