Rassegna stampa "La vita di Adele": le recensioni da stampa e web sul film con l'amore lesbico che ha trionfato a Cannes 2013.
LA VITA DI ADELE (Drammatico, Film gay - Francia 2013)
di Abdellatif Kechiche con Adèle Exarchopoulos, Léa Seydoux, Jeremie Laheurte
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Adele (Adele Exarchopoulos) è una ragazzina di quindici anni come tante
che va a scuola e per la quale arriva la prima esperienza eterosessuale con un ragazzo, ma è
stranamente attratta da una sconosciuta dai capelli blu e non capisce
neppure perchè. Dopo una prima esperienza lesbo con una compagna di
scuola, conoscerà con la ragazza dai capelli blu che si chiama Emma (Lea
Seydoux) il vero amore passionale e intimo.
Prima rappresentazione ravvicinata di un tipo di sessualità rimasta
cinematograficamente tabù, primo mostrare senza ellissi un incontro
d’amore tra donne. Non uno ma quattro (più il sogno), tempo reale. Per
un’irragionevole durata di tre ore. “Da vedere” perché vincitore del più
importante festival del mondo. Ma con tanti dubbi.
Paolo D'Agostini su La Repubblica
Una storia d’amore senza aggettivi. Il film che ha conquistato Cannes
dura tre ore e racconta la cosa più bella e terribile del mondo. Un
amore che nasce, cresce e trionfa, si consuma e si spezza. Uno di quegli
amori che potrebbe durare una vita e invece sbatte contro ostacoli
eterni e insormontabili.
Fabio Ferzetti su Il Messaggero
Film da vedere pur senza aspettarsi l’opera che ti cambia la vita (…)
La vita di a Adele ha la forza e la discontinuità della vita vera.
Alberto Crespi su L'Unità
Sfibrante dramma francese, ovvia Palma d’oro a Cannes, che in tre ore
racconta una sofferta (specie per lo spettatore) passione saffica. Dieci
minuti se ne vanno in kamasutra lesbici con mugolii, una ventina in
lacrimoni con moccio al naso. Chissà se alla fine la brava protagonista
avrà ricevuto il fazzoletto negatole per tutto il film.
Massimo Bertarelli su Il Giornale
La vita Adele non è una riflessione sul
concetto di relatività, ma è un grande film sulla fisica umana. Come i
telescopi studiano i confini dell’universo, così la pellicola di
Kechiche indaga i misteri del corpo umano.
Libèration
Le lunghe scene di sesso sono così esplicite e candide da risultare magnifiche, e fanno sembrare il sesso di Ultimo tango a Parigi arrogante e datato.
Guardian
Durante tutto il film Abdellatif Kechiche segue Adele molto da vicino
con la sua telecamera. Questa intimità vuole introdurci nel suo flusso
di coscienza. Eppure, mentre l’obiettivo volteggia sopra il suo corpo,
il film sembra parlarci molto più dei desideri del signor Kechiche che
di altro.
New York Times
Dura tre ore, il film di Kechiche: tre ore dei volti e
dei corpi delle sue due protagoniste, riprese quasi sempre in primo e
primissimo piano, con una macchina da presa e una storia incollate su di
loro e proprio per questo capaci di aprirsi al mondo intero. Perché la
capacità di raccontare del tunisino, di scrivere e girare storie
dilatate, turbinose, complesse, è straordinaria e omnicomprensiva, e
regala alcune delle scene più vitali e coinvolgenti del cinema recente, e
assieme e soprattutto, alcune delle più dolorose e strazianti quando è
il momento di raccontare la fine dell’amore intensissimo che ne
rappresenta il sostegno e il motore. Perché quello che racconta Kechiche, il suo cinema, è tanto sentimentale quanto fisico e carnale.
Federico Gironi su comingsoon.it
Emma e Adèle sono amore fatto carne, e viceversa. Fanno sesso, esplicito come
Kechiche inquadra, esplicitamente amoroso come vita vorrebbe: incontro
di amorosi sensi, sensi fatti amore. Senza tempo: sì, un domani non c’è. Non solo al cinema: sentirsene parte, sentire la propria vita parte di
quel che vediamo, e viceversa, non è la solita, talvolta stolida,
immedesimazione. Ma condivisione: siamo vivi, ergo, questa vita è per
noi. Anzi, di noi.
Federico Pontiggia su cinematografo.it
Adèle è stata ispirata dai suoi migliori docenti, ma la sua insegnante
più importante è Emma. Il loro rapporto così completo e stimolante,
negli aspetti intellettuali come in quelli fisici, è il cuore del
racconto ampio e vibrante di Kechiche, che s'incolla alla sua eroina
senza lasciarla un secondo, tanto che non abbiamo alcun bisogno di
leggere le pagine del suo diario segreto: di rado abbiamo visto un
personaggio sviscerato tanto profondamente, indagato senza tregua, con
esiti tanto avvincenti.
Alessia Starace su movieplayer.it
Kéchiche – lo aveva dimostrato nei suoi film precedenti – ha il dono
raro di catturare la vita, di catturarne il respiro, il ritmo interno,
l’essenza quasi biologica, corporea, fisica, più che psicologica. Sono
in molti ormai a usare ossessivamente la macchina a mano, ma come lo fa
lui ci riescono in pochi, lui i suoi personaggi non solo li pedina con
la cinepresa, ma li sfiora, li tocca, li avvolge, li penetra. La
carnalità, prime che nei letti abbondantemente sfatti di Emma e Adèle,
sta nella relazion che si stabilisce tra la cinepra di Kéchiche e i
corpi che ritrae.
Luigi Locatelli su nuovocinemalocatelli.com
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