Recensioni da stampa e web su "Anni Felici": il nuovo film di Daniele Lucchetti con Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti ambientato negli anni '70.
ANNI FELICI (Commedia - Italia, Francia 2013)
di Daniele Lucchetti con Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti
Daniele Lucchetti, dopo "La nostra vita" con Elio Germano, torna a raccontare l'Italia e la famiglia ma, questa volta, con un salto all'indietro negli anni '70. Guido (Kim Rossi Stuart)
è un artista che vorrebbe essere d'avanguardia, ma si sente
intrappolato in una famiglia troppo borghese e invadente.
Daniele Lucchetti ha inteso fare dell’autobiografia: se non letterale, generazionale.
L’intesa tra Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti si rinnova dopo la
convivenza con gli stessi ruoli coniugali in Questione di cuore di
Francesca Archibugi.
Paolo D'Agostini su La Repubblica
Il modello di base del cinema di Luchetti è la commedia italiana
classica, con le sue solide radici (neo)realiste, la sua vocazione a
mescolare ironia e dramma. (...) A dare pregnanza ai protagonisti
provvede un cast intonatissimo in cui spiccano un sensibile, lacerato
Rossi Stuart e una intensa, vulnerata Ramazzotti.
Alessandra Levantesi su La Stampa
Il vero dramma dei protagonisti di Anni felici è quello di molti
aspiranti “trasgressori” di quel tempo: rifiutano i valori borghesi in
teoria, ma sono profondamente borghesi nell’anima. E’ un dramma
interiore che, visto da fuori – soprattutto da due bambini -, non può
che trasformarsi in commedia. Il film è lieve, intenso ma non serioso,
piacevolissimo a vedersi e a ricordarsi. Micaela Ramazzotti e Kim Rossi
Stuart sono fantastici, i comprimari – a cominciare dai due bambini –
sono degni di loro.
Alberto Crespi su L'Unità
Un film plasmato su una delle sceneggiature italiane più belle scritte
in questi ultimi tempi, ambientata nell’Italia dell’anno del referendum
sul divorzio, quando essere anticonvenzionale era considerato un “must” e
definirsi borghese quasi un’infamia (...) A colpire è non solo lo
script, incisivo e affascinante, ma anche la bravura dei suoi
interpreti. Kim Rossi Stuart è perfetto nei panni dell’artista, sempre
in cerca di conforto, che ama la sua donna ma vorrebbe fuggirle,
trovando la vera ispirazione nel momento della solitudine. Straordinaria
e intensa è Micaela Ramazzotti che, grazie alla regia di Luchetti,
raggiunge l’apice della sua carriera. Un gran bel film, furbescamente
sottratto a Venezia.
Difficoltà di recuperare un equilibrio tra fatti troppo personali e altri troppo oggettivi? E’ questa sensazione che comincia da subito (con la voce fuori campo – di Luchetti stesso - a spiegare e avviare il plot) e attraversa l’intero copione. Che soffre della necessità di restare attaccato alle vicende del nucleo familiare e trascura il contesto, il contorno, la vita. Il risultato è una introspezione psicologica fin troppo caricata (anche nelle istanze femministe) e una assenza di dialettica con l’immagine, con la storia, con i personaggi. Testimonianza d’epoca vivace ma film che necessitava di maggiori sfumature e chiaroscuri.
Massimo Giraldi su cinematografo.it
A parte i riferimenti, involontari o meno, Anni felici si pone come un film solidamente convenzionale (forse un po' troppo) e saldamente narrativo, che molto s'appoggia sulla perfomance dei due attori protagonisti. C'è però qualcosa che non torna in Anni felici, anche se tutto
sembra essere al suo posto. Non è facile capire cosa. Forse il fatto che
Luchetti non è riuscito a prendere, anche legittimamente, la giusta
distanza. È troppo dentro per vedersi da fuori. Forse anche lui è
vittima a posteriori di un narcisismo represso, tant'è che il film
chiosa con l'affermazione urlata del proprio Io. Dei suoi ultimi tre
film, questo è forse il più fragile ma certo comunque autentico e
onesto, anche solo per aver avuto il coraggio di ri-affermare che per
lui il personale è politico.
Dario Zonta su mymovies.it
Anni felici è anche l'omaggio genuino ad un cinema materico, inebriato dal profumo della pellicola Super8,
a tal punto che i video girati da Dario-Daniele sembrano essere il vero
scheletro del film; una libertà d'azione totale che Luchetti traduce in
uno scatenamento della macchina da presa, che si muove in sincrono con
gli attori, tutti bravissimi a riproporre gli scatti, il furore, la
dolcezza, il candore di quei momenti, lavorando con una naturalezza che
non può non toccarci e se il risultato finale ci appare così luminoso è
anche per il brillante lavoro di Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti sui rispettivi personaggi.
Francesca Fiorentino su movieplayer.it
Daniele Luchetti riesce a
non impantanarsi nell’autobiografia nuda e cruda (anche se di nudi ce
ne sono eccome nel film), ma si limita coerentemente a mostrare una
parte della sua vita, tra realtà e fantasia, con
affetto e in modo leggero. La struttura narrativa è coerente e la voce
fuori campo del regista ci “spiega” i significativi momenti emotivi che
quell’estate romana del 1974 ha rappresentato per lui. Un plauso ai due attori protagonisti: Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti hanno realizzato sui rispettivi personaggi un lavoro brillante.
Marco Visco su cinemamente.com
Il film sarà anche ispirato a quanto successo nella famiglia Luchetti,
ma percorre un po’ troppo binari narrativi e antropologici di gran
prevedibilità. C’è da dire però che la prestazione degli attori è
notevole. Meno funziona, il film, quando cerca di legare privato e pubblico, i
fatti di famiglia con quelli che succedono là fuori, nella società, nel
mondo (e si sente in questo la mano e un po’ la mania storicistica dei
cosceneggiatori Stefano Rulli e Sandro Petraglia, mica per niente autori
degli script di La meglio gioventù e Romanzo di una strage): un legame troppo meccanico.
Luigi Locatelli su nuovocinemalocatelli.com
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