Rassegna Stampa "Gloria": recensioni da stampa e web sulla donna che ha stregato Berlino

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Le recensioni, da stampa e web, su "Gloria": il film con Paulina Garcìa Orso d'Argento a Berlino 2013.


GLORIA (Drammatico - Cile 2013)
di Sebastian Lelio con Paulina Garcìa, Sergio Hernández, Diego Fontecilla, Fabiola Zamora
Una donna cinquantenne che vuole vivere a tutti i costi una seconda adolescenza per combattere la solitudine. Una donna divorziata, alla ricerca di un nuovo amore, che canta canzoni smielate in macchina, cerca di rendere ancora appetibile il suo corpo, passa notti brave e ha continue avventure occasionali. Tutto il film è caricato sulle spalle dell'attrice che è supportata solamente da una rigorosa sceneggiatura che non limita l'intensità della pellicola. 


La sfida del film è quella di trasformare un personaggio che ha tutto per essere anonimo e grigio, senza grandi qualità, senza statura da protagonista, in una travolgente eroina della libertà, del coraggio, della dignità. Una campionessa della resistenza umana che mantiene la testa alta sotto un attacco continuo. Al titolo del film e al nome del personaggio si associa l’omonima canzone italiana (ma in versione spagnola) che servirà a creare l’atmosfera di un finale strepitoso. Sullo sfondo il Cile di oggi, ma appena percepito. La formidabile interprete Paulina Garcia viene dall’Orso d’argento al festival di Berlino. Una lezione su come possa essere emozionante raccontare la gente comune.
Paolo D'Agostini su La Repubblica 

Una materia così poteva scadere in romanzo rosa o risolversi in melò, invece Lelio e il suo bravo sceneggiatore Gonzalo Maza, optando per un registro minimalista, provvedono a costruire un interiorizzato, sfumato ritratto di donna su uno sfondo dove ogni elemento (a partire dal personaggio Rodolfo) ottiene il giusto rilievo senza che mai una nota risulti falsa.
Alessandra Levantesi su La Stampa

E' un omaggio a tante cose che hanno arricchito la storia del cinema, a tanti film che hanno semplicemente scelto di pedinare un personaggio e di raccontarci la sua vita. Potrebbe persino essere considerato una versione al femminile di Umberto D. di Vittorio De Sica: la storia di una solitudine che incarna lo spirito di una collettività.
Alberto Crespi su L'Unità

Amara commedia cilena sulla solitudine della seconda (quasi terza) età. Una storia tirata troppo in lungo, che, dopo l’ottimo spunto iniziale, tende a ripetersi. 
Massimo Bertarelli su Il Giornale 


Alternando sequenze drammatiche a momenti più ironici, Lelio realizza una pellicola leggermente studiata a tavolino, che ha nella caratterizzazione di Gloria il suo pregio migliore. Il regista costruisce un personaggio credibile, in grado di trasmettere tutto il disagio di ritrovarsi soli nel mondo di oggi: il merito va anche all'ottima Paulina García, straordinaria scoperta, che si è meritata l’Orso d’argento come miglior attrice del concorso berlinese. Meno convincenti gli interpreti di contorno, incapaci di tenere testa all’intensa protagonista.
Andrea Chimento su cinematografo.it

Molto della riuscita del film è merito di Paulina Garcìa, attrice capace di tramutare una sceneggiatura rigorosa in cinema di rara intensità grazie ad una maratona di recitazione ai massimi livelli. Con un’economia di gesti, espressioni e movimenti disegna la sua Gloria giocando sulle minuzie, sulle canzoni cantate in macchina, sui piani d’ascolto o su movimenti accennati, senza mai presentare due volte lo stesso volto alla macchina da presa. In questa maniera Paulina Garcìa aderisce in pieno alla filosofia minimalista e invisibile con la quale Lelio dirige un film che pare farsi da sè davanti agli occhi dello spettatore, il quale ha quasi l’impressione di vedere la storia svolgersi senza nessuno a dirigerla ma con la naturale semplicità della vita vera. 
Gabriele Niola su mymovies.it 

Sebastian Lelio affronta con naturalezza e senza falsi pudori il tema dell'amore e del sesso alla soglia della terza età accarezzando con l'obiettivo i corpi imperfetti dei suoi attori e stemperando con lievi tocchi di ironia i momenti critici della storia. L'attrice si dimostra abilissima nel sostenere i primi piani insistiti del regista intento a esplorare ogni suo stato d'animo, ogni minimo cambiamento di umore, per mettere a nudo il suo corpo e la sua anima. 
Valentina D'Amico su movieplayer.it

Paulina Garcìa è brava in un ruolo difficile, ma i simboli e le metafore del film ci appaiono facili e ammiccanti, così come la scelta delle musiche che lo accompagnano. Lelio dirige senza guizzi particolari una storia che forse in originale avrebbe avuto un altro ritmo e un'altra musicalità, ma che per noi resta irrisolta come la vita della sua protagonista.
Daniela Catelli su comingsoon.it

C’è nella mano di Sebastian Lelio, nel modo in cui dirige e lavora sugli attori e soprattutto sulla sua protagonista, qualcosa di John Cassavetes, e l’attrice Paulina Garcia, straordinaria, ricorda in certi momenti la migliore Gena Rowlands. C’è, di Cassavetes, la capacità di cogliere la vita nel suo essere e nel suo farsi, nella sua mutevolezza, nel suo scorrere e fluire. Sullo sfondo, il Cile di oggi abbastanza affluente, ma che non dimentica, non può dimenticare (lo si nota nelle parole dell’amico sociologo) il suo passato. 
Luigi Locatelli su nuovocinemalocatelli.com

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