Rassegna stampa "La prima neve": recensioni da stampa e web sul secondo film di un nuovo autore italiano

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Rassegna stampa su "La prima neve", recensioni da stampa e web del secondo film di Andrea Segre.


LA PRIMA NEVE (Drammatico - Italia 2013)
di Andrea Segre con Jean Christophe Folly, Matteo Marchel, Anita Caprioli, Giuseppe Battiston
Dani non ha mai visto la neve. Dani è nato in Togo, ed è arrivato in Italia in fuga dalla guerra in Libia. È ospite di una casa di accoglienza a Pergine, paesino nelle montagne del Trentino, ai piedi della valle dei Mocheni. Ha una figlia di un anno, di cui però non riesce a occuparsi. C’è qualcosa che lo blocca. Un dolore profondo. Dani viene invitato a lavorare nel laboratorio di Pietro, un vecchio falegname e apicoltore della valle... 


Andrea Segre ha realizzato documentari prima di debuttare nella finzione con il notevolissimo Io sono Li. Ora la sua opera seconda La prima neve torna, ancora come nel primo film con modalità originali, indirette, a investire il tema dell’immigrazione e dell’integrazione. Un cinema, questo di Andrea Segre (veneziano, trentasettenne) che appare abbastanza in sintonia, per esempio, con quello di Giorgio Diritti (natura maestosa, silenzi, lentezze), e che forse ha ascoltato la lezione del cinema di Ermanno Olmi. Che, ingannevolmente, può sembrare a prima vista “documentaristico” e poco elaborato, mentre è vero il contrario (un tocco importante lo dà sicuramente la fotografia di Luca Bigazzi).
Paolo D'Agostini su La Repubblica

Un po’ didascalico ma ben interpretato: Battiston e Pierobon, la Caprioli, Folly e Matteo, vera corrente del film.
Maurizio Porro su Il Corriere della Sera

Tracciati sinuosi e mai ovvi. In un dialogo che abbraccia natura e rivolta, arte e desiderio di fuga. Tenendo sempre ben a fuoco lo sfondo e le figure in primo piano, come pochi oggi sanno fare.
Fabio Ferzetti su Il Messaggero

A differenza che Io sono Li (…) Il film è meno felice ma comunque bello, e conferma Segre come un regista su cui il nostro cinema deve puntare ad occhi chiusi.
Alberto Crespi su L'Unita 


Massimo Troisi, dopo il successo di Ricomincio da tre affermava, con la saggezza che lo contraddistingueva, di non voler fare il secondo film ma di voler passare direttamente al terzo. Perché una regola non scritta del cinema di finzione dice che se la prima opera è venuta bene la seconda non sarà altrettanto valida. La prima neve costituisce una delle rare eccezioni alla regola. 
Giancarlo Zappoli su mymovies.it

Segre viene dal documentario e si vede: asciuttezza formale, totale adesione all'ambiente, pulizia di immagini. Non convince invece quando abbandona il registro naturalistico per prendere impervie strade oniriche. Regia acerba ma consapevole. Rivela, fin dalla prima inquadratura ad altezza bambino, un approccio non giudicante. La natura stessa, con la quale i protagonisti del film vivono in simbiosi, offre un modello di solidarietà e di etica. Uomini come alberi, preziosi pure quando vengono strappati alle loro radici. Allora diventano legna, arnie, vasi e case. Tutto si tiene dentro l'ordine del mondo. Non c'è inverno che duri senza annunciare la nuova stagione.
Gianluca Arnone su cinematografo.it

Segre, dopo "Io sono lì", sceglie nuovamente di mescolare attori professionisti a non professionisti selezionati con estrema cura. Il risultato, unito a una sceneggiatura asciutta e a una direzione degli attori che ha lasciato, evidentemente, campo libero all'improvvisazione, è un film urgente e ipnotico, in cui gli spazi desolati della Valle dei Mocheni sottolineano l'isolamento e la solitudine di un gruppo di protagonisti impegnati nel tentativo di superare le barriere date dalle proprie peculiarità, per arrivare a un punto d'incontro, a comprendersi e crescere insieme.
Marco Triolo su film.it

 Segre combina di nuovo la sua profonda vocazione documentaristica con la finzione. Mostra padronanza nei mezzi d'espressione cinematografici, ma l'effetto stavolta, rispetto al suo primo film, è meno riuscito, sbilanciato. I personaggi sono poco incisivi e lo script non è all'altezza della bellissima fotografia di Bigazzi e dei meravigliosi scorci ambientali. Il regista insiste con improvvise panoramiche, riprese pure e dettagliate pulite della natura alpina e prealpina, ma non sembra prestar la stessa attenzione al lato "umano". 
Lorenzo Taddei su ondacinema.it

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