Rassegna stampa "Oh boy, un caffè a Berlino", recensioni da stampa e web sul film rivelazione e campione di incassi in Germania.
OH BOY, UN CAFFE' A BERLINO (Drammatico - Germania 2012)
di Jan Ole Gerster con Tom Schilling, Marc Hosemann, Friederike Kempter, Justus von Dohnányi
Niko Fischer ha poco più di vent’anni e ha bisogno di un caffè. La
fidanzata lo ha lasciato, lo sportello della banca gli ha trattenuto la
carta di credito, suo padre ha scoperto che ha lasciato l’università e
ha deciso di non passargli più il denaro mensile con cui lo manteneva.
E, come se non bastasse, la fortuna si mette di traverso e non c’è modo,
per lui, di riuscire a prendere quel benedetto caffè.
Pluripremiato agli “oscar” tedeschi, i German Film Award, un debutto
assai interessante in forma di commedia amara che ricorda i film della
Nouvelle Vague francese. Ma la cosa che più colpisce è un’altra: come e più dei personaggi dei
primi film di Truffaut o di Godard, Niko è l’emblema di una generazione
totalmente alla deriva e che pare condannata al nichilismo.
Roberto Nepoti su La Repubblica
Fragile ma interessante Oh Boy – Un caffè a Berlino, opera d’esordio di
un giovane tedesco, Jan Ole Gerster, che prende a modello il cinema
della nouvelle-vague, quasi per caso citando la Jean Seberg in maglietta
a righe del godardiano A bout de soufflè...
Alessandra Levantesi su La Stampa
Debutto affascinante in bianco e nero, quello di Jean Ole Gerster che
insegue il destino di un ragazzo che forse voleva solo una tazza di
caffè. Tom Schilling è bravissimo.
Maurizio Porro su Il Corriere della Sera
Bizzarra commedia tedesca, un bianco e nero con velleità sociologiche,
che invitano allo sbadiglio, nonstante l’esemplare brevità.
Gerster ha la furbizia di cercare la gag, le carinerie e
i momenti retorici che rendono l'amarezza digeribile a un grande
pubblico, ma ha per fortuna il coraggio di non offrire vie d'uscita
facili ai suoi personaggi, sapendoli anche rendere sgradevoli o
patetici. Più che Wim Wenders, nel bianco e nero di Oh Boy
c'è forse la commedia all'italiana di una volta: furba, divertente, ma
abbastanza vicina alla sofferenza storica di un popolo quel che basta
per non essere troppo conciliante.
Il viaggio metropolitano di Oh Boy
non ha la pretesa di modificare la realtà, ma di scrutarla, aprendo il
sipario sulla vita berlinese contemporanea di chi vive al margine della
storia e della città. Attraverso gli occhi del giovane Niko, un giovane
disoccupato ancora incerto sul proprio futuro, Jan Ole Gerster entra
nell’intimità delle case e nei locali berlinesi, in punta di piedi e,
prestando l’orecchio a una galleria di personaggi surreali, ricompone il
mosaico di una realtà caotica, disorientata, che fatica a rimarginare
le ferite storiche del paese e del proprio passato.
Berlino è la coprotagonista fantasmatica – mostrata con parsimonia dal regista (Jan Ole Gerster),
senza scadere nel didascalismo da cartolina – che trapela tra gli
interstizi delle relazioni instabili che il protagonista intrattiene con
l’umanità varia che incontra durante il corso della giornata; non solo
viene evitata l’apologia della città al momento più in voga tra le
preferenze dei giovani europei, ma anzi una sottile ironia la dissacra
piacevolmente, mettendone in risalto le contraddizioni.
Luca Biscontini su taxidrivers.it
Il risultato cui perviene Oh Boy è piuttosto limitato e
destinato ad accogliere molti più consensi in patria, dove si propone
come un oggetto particolare nel panorama medio, che non a livello
internazionale. Tom Schilling fa dono al personaggio di Niko del giusto volto,
delicatamente malinconico ma capace di grande ironia, e alla stessa
funzione adempie il jazz del commento sonoro, per quanto con maggior
insistenza, ma il film nel suo complesso non va oltre la natura di
un'opera garbata eppure incapace di superare la soglia dell'ingenuità e
dell'imitazione. Così, tra artificio e autenticità, la bilancia finisce
per pesare dalla parte del primo.
Marianna Cappi su mymovies.it
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