Mirko Locatelli e "I corpi estranei" al Festival di Roma 2013: due storie di migrazione accomunati dal dolore e dalla malattia

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Al Festival di Roma 2013 tra i film italiani in concorso c'è "I corpi estranei", il nuovo film di Mirko Locatelli, al suo secondo lungometraggio dopo "Il primo giorno d'inverno", storia di dolore e di due mondi diversi che si incontrano in ospedale...


Nuovo film indipendente e low budget di Mirko Locatelli, dopo "Il primo giorno d'inverno", prodotto da Strani Film con la casa di produzione dello stesso regista Officina Film. Il film è tutto girato tra l'ospedale e i mercati generali dove lavora il protagonista (Brescia e Milano). Colonna sonora dei Baustelle e tra le curiosità Filippo Timi ha lavorato per questo film in maniera completamente gratuito.


SINOSSI: Antonio è solo a Milano con il suo bambino, Pietro, affetto da una grave malattia. Sono giunti al nord per cercare uno spiraglio di salvezza. Jaber, quindici anni, vive a Milano con un gruppo di connazionali: è migrato in Europa da poco, in fuga dal Nordafrica e dagli scontri della primavera araba. L’ospedale è una città nella città dove entrambi sono costretti a sostare. Antonio per guarire Pietro, Jaber per assistere il suo amico Youssef. La malattia è l’occasione per un incontro fra due anime sole e impaurite, due “corpi estranei” alle prese con il dolore.


NOTE DI REGIA:  Come raccontare la malattia di un bambino e il dolore di un padre? Con quali immagini? Ecco le prime domande che mi sono posto scrivendo I corpi estranei, come sempre insieme a mia moglie Giuditta Tarantelli, cosceneggiatrice e co-produttrice dei miei film. Siamo partiti da due parole chiave: dignità e pudore. La dignità di Antonio, eroe silenzioso, lontano dalla famiglia per proteggere suo figlio; quella di Jaber, poco più che un ragazzino, che si muove quasi sempre nel buio, come fosse a guardia del corpo, ancora vivo, del suo amico Youssef; e quella di tutti gli uomini e le donne che lottano per la sopravvivenza, propria o dei propri cari, nella corsia dell’ospedale come tra i bancali di un mercato notturno. Il pudore, poi: quello che in fase di scrittura desideravamo appartenesse ai nostri personaggi, e con cui poi ho voluto raccontarli, come fossero protagonisti di un documentario, per tutelare i loro corpi, i loro sentimenti, i loro rapporti, quando si scrutano, si odiano, si aiutano o stanno fermi ad aspettare nella speranza che qualcosa, attorno a loro, possa cambiare.



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