JOBS (Biografico - Usa 2012)
di Joshua Michael Stern con Ashton Kutcher, Dermot Mulroney, James Woods, Lukas Haas
Dopo un inizio in cui Jobs lancia l’iPod, nel 2001, la narrazione della
vita dell’imprenditore informatico si articola in flashback sui
trent’anni precedenti. È una classica “success story” all’americana,
priva di un punto di vista se non quello dell’agiografia pura e
semplice: si racconta l’irresistibile ascesa di Steve attraverso la
collaborazione con l’amico Steve Wozniak, la creazione di un laboratorio
nel garage dei genitori, l’edificazione dell’impero Apple.
Penalizzato da un budget modesto (12 milioni di dollari), un film che
non si assume alcun rischio.
Al contrario di Ashton Kutcher, il quale tenta invano di affrancarsi dai
suoi soliti ruoli nella commedia romantica dimagrendo e “”ravestendosi”
da Jobs (l’abbigliamento, gli occhiali...) senza riuscire neppure a
sfiorare il carisma del modello.
Roberto Nepoti su La Repubblica
Una storia poco romanzata di Steve Jobs, dagli inizi difficili e pieni
d'entusiasmo nel garage
del padre ai trionfi di iPod e iPad. Ne viene un ritratto esaltante
dell'imprenditore, capace di realizzare (non proprio) da solo un sogno e
di difenderlo. Dal punto di vista morale e umano,
il ritratto è sconsolante. Il Jobs di Stern non esita ad abbandonare
compagni e amici.
Come quasi ogni leader, non ama che se stesso e il suo progetto.
Roberto Escobar su L'Espresso
Nella lineare regia di Stern, il film ripercorre la vicenda sulla base
di un copione dell’esordiente Matt Whitely che, fermandosi prima della
malattia, non vola alto né va in profondità, ma è abbastanza fluido e
calibrato nel giocare il ritratto di Jobs fra luci e ombre: da un lato
sottolineandone le doti di perfezionismo, abilità affaristica,
determinazione a cambiare il mondo e raffinato gusto del bello,
dall’altro non sorvolando su aspetti negativi come freddezza, calcolo,
egoismo, arroganza.
Alessandra Levantesi su La Stampa
Noioso, superficiale e ripetitivo, il biopic su Steve Jobs sa di
occasione persa. (…) Agli italiani interesserà un simile film? Probabile
che, in sala, si distrarranno mandando sms con l’iPhone.
Maurizio Acerbi su Il Giornale
Come ovvio non sono solo luci; le ombre non mancano in un personaggio come quello di Jobs,
deteriore e esecrabile a tratti; ma anche questo e' parte del mito. Si
sa. E anche questa appare come una costruzione a tavolino di un film che
sconta proprio l'assenza di un cuore, di una chiave. Ashton Kurcher è un ottimo Jobs, ma tanto lui quanto il regista Joshua Michael Stern (Swing Vote, Neverwas) sembrano preoccuparsi più della forma e del rispetto da mostrare a quella immagine, all'icona.
Mattia Pasquini su film.it
Jobs è un prodotto da consumare in fretta, per farsi un utile
ripasso su quel che è stato uno dei nomi feticcio a cavallo tra secondo
eterzo millennio, ma non del tutto inutile. Ashton Kutcher, anche
produttore, è assai credibile come Jobs e la somiglianza è a momenti
sbalorditiva. Anche bravino, suvvia, e sarebbe ora di prenderlo un po’
più sul serio, senza trattarlo da eterno bamboccione ed ex toyboy di
Demi Moore o da twitterista compulsivo e seriale.
Luigi Locatelli su nuovocinemalocatelli.com
L'estrema staticità della struttura narrativa (praticamente per due ore
si ripete continuamente lo stesso schema: problema da risolvere -
soluzione. Il tutto sempre in quelle quattro mura dell'ufficio) e la
scelta di raccontare la biografia di Jobs in maniera cronologica senza
spaziare dal passato al presente, rendono il film pesante ed
estremamente ripetitivo.
Sara Prian su voto10.it
La pellicola riesce ad evitare il pericolo numero uno, quello cioè di
farsi pura glorificazione agiografica (al contrario di quanto è stato
scritto da più parti) senza per questo rinunciare a raccontare una
storia esaltante e avvincente, scongiurando di cadere nel pericolo
opposto, quello di una fredda e cronachistica numerazione di eventi
posti uno di seguito all'altro.
Mirko Nottoli su cinema4stelle.it
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