Rassegna stampa "The Wolf of Wall Street", recensioni da stampa e web sul broker Di Caprio diretto da Martin Scorsese e su uno dei film in corsa per gli Oscar 2014.
Biografico - Usa 2013
di Martin Scorsese con Leonardo DiCaprio, Jonah Hill, Margot Robbie, Matthew McConaughey
Jordan Belfort (Leonardo Di Caprio) di giorno riesce a guadagnare
migliaia di dollari che con la stessa velocità sperpera in droga, sesso e
viaggi intorno al mondo. Passato dal vendere gelati ad essere il capo
di un ufficio di stockbroker, Jordan è avido, ama il potere e ogni forma
di eccesso. Mentre conduce la sua attività con metodi alquanti
discutibili, vive una burrascosa relazione con la moglie (Margot Robbie)
da cui ha due figli. Però negli anni Novanta il suo appetito
insaziabile, la dissolutezza e la partnership con il designer di scarpe
Steve Madden (Jake Hoffman) gettano il suo nome nel fango.
Rappresentazione della bolla finanziaria che del surplus energetico del protagonista - da cartone animato, da comica finale - fa il proprio codice estetico. L’effetto è travolgente, malgrado le tre ore di durata. Ma tanta sfrontatezza, e tanta comicità, non sembrano appartenere a Scorsese. Chissà che proprio questa volta, con un film per lui così anomalo, non finisca per aggiudicarsi quell’Oscar al miglior film che mai ha ricevuto prima.
Paolo D'Agostini su La Repubblica
La nostra impressione è che Scorsese sia rimasto colpito non tanto dal
personaggio, quanto dal quadro d’insieme che emerge dallo spaccato di
vita (…) nel loro rutilante squallore, alcune scene di questo film
sferzante seppur disuguale rimarranno nella storia del cinema.
Alessandra Levantesi su La Stampa
Il prezzo dell’ avidità e dell’eccesso ritratti in uno stile grandioso, lirico e perfino spesso molto divertente.
Toddy McCarthy su Hollywood Reporter
Un grande film baccanale turbolento che scuote fino a quasi abbattere
la sua struttura, ma che fa restare incollati per mera virtù della sua
incontenibile energia della regia e una star, Leonardo di Caprio, capace
di accendersi e diventare così elettrico da far resuscitare i morti.
Scott Foundas su Variety
Scorsese sferra un colpo duro alla cultura Jackpot Americana grazie
alla sceneggiatura coraggiosa di Therence Winter dei Soprano. Le risate
sono spietate a non finire e piene di veleno.
Peter Travers su Rolling Stone
E’ Martin Scorsese ai suoi massimi: cinefilo e
cinefago, americano coinvolto ed europeo distaccato, classico e punk. Ed
è pure generoso: vi chiederete, è un film di Martin o del suo feticcio
Leo Di Caprio? Di Caprio ha finanziato il film – senza di lui, non ci
sarebbe stato – ma Scorsese gli ha concesso il primo privilegio di cineasta: regia a quattr’occhi, quelli saggi e coraggiosi di Martin, quelli drogati, avidi e “strafottenti” (letterale) di Leo alias Jordan Belfort.......10 motivi per vederlo su Il Fatto Quotidiano (Federico Pontiggia)
Oscillante tra picchi e crisi, ansiolitici ipnotici e droghe stimolanti, The Wolf of Wall Street agisce direttamente sulla chimica cerebrale dello spettatore, che rimane con una penna in mano e la rivelazione di qualcosa di mostruoso e appassionante sulla natura umana. Scorsese ripete la magia, questa volta nera e distruttiva.
Marzia Gandolfi su mymovies.it
Scorsese strappa via tutte le foglie di fico del Capitale, ci costringe a
guardarlo per quello che è, frutto proibito dall’albero del male: chi
non vorrebbe mangiarne? Non condanna, non assolve, non rinuncia alla pietas. Belfort – probabilmente il the best of Di Caprio – è uno di noi, anzi è uno che tanti di noi avrebbero voluto essere. Dopo tre ore di sniffate, orge e risate, ritroviamo il lupo
ancora in sella mentre cerca di insegnare a un popolo di sfigati come
si fa a vendere una penna. La stessa che ha venduto a noi perché
scrivessimo in calce un’unica parola: capolavoro.
Gianluca Arnone su cinematografo.it
Stavolta di condensare la materia tratta, di misurare i toni o le interpretazioni a Scorsese proprio non frega nulla..Perché The Wolf of Wall Street si compiace – fin troppo – di essere un
mostro sgangherato di tre ore, di essere in alcuni momenti “brutto”
nella pura forma filmica. Un prodotto gioioso, immorale,
repellente, senza quell’ansia catartica, quel desiderio di redenzione
che pervadeva ferocemente il cinema di Scorsese.
Adriano Ercolani su film.it
Uno Scorsese senza freno, dunque, che non disdegna un Gloria di Umberto Tozzi subito dopo un devastante naufragio, o la cover di Mrs. Robinson
in una delle fasi più concitate del film (e ce ne sono parecchie). Ma
che soprattutto si diverte, senza troppi calcoli, a tutto vantaggio di
un tempo che si vuole per lo più frenetico e per gran parte del film.
Antonio Maria Abate su cineblog.it
Non è il "cosa" ma il "come", ancora una volta, a determinare il grande
cinema. Scandito da un ritmo serratissimo che lega meravigliosamente le
immagini alla colonna sonora, il montaggio si rende padrone di un’opera
che esalta l’attore e sottolinea la maestria del direttore di
un’orchestra dinamicamente coesa.
Nessun commento:
Posta un commento