"Smetto quando voglio", una moderna e diversa commedia italiana: recensioni da stampa e web

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Rassegna stampa "Smetto quando voglio", recensioni da stampa e web su una commedia italiana con brillanti cervelli in tempi di crisi che rifanno il verso ai Soliti Ignoti di Monicelli...


SMETTO QUANDO VOGLIO
Commedia - Italia 2013
di Sydney Sibilia con Edoardo Leo, Valeria Solarino, Valerio Aprea, Libero de Rienzo

Pietro Zinni ha trentasette anni, fa il ricercatore ed è un genio. Ma questo non è sufficiente. Arrivano i tagli all'università e viene licenziato. Cosa può fare per sopravvivere un nerd che nella vita ha sempre e solo studiato? L'idea è drammaticamente semplice: mettere insieme una banda criminale come non se ne sono mai viste. Recluta i migliori tra i suoi ex colleghi, che nonostante le competenze vivono ormai tutti ai margini della società, facendo chi il benzinaio, chi il lavapiatti, chi il giocatore di poker. Macroeconomia, Neurobiologia, Antropologia, Lettere Classiche e Archeologia si riveleranno perfette per scalare la piramide malavitosa. Il successo è immediato e deflagrante, arrivano finalmente i soldi, il potere, le donne e il successo. Il problema sarà gestirli... 


Occhio a Smetto quando voglio e al suo realizzatore dallo strano nome, Sydney Sibilia, al primo lungometraggio professionale. Perché nella sua vocazione consapevolmente d’intrattenimento, è un risultato molto brillante e ricco di densità. Finalmente un'indicazione solida e non fatua in favore della buona commedia.
Paolo D'Agostini su La Repubblica

Segnatevi questo titolo perché segna la riscossa della commedia all’italiana dopo tanta volgarità, noia, qualunquismo: Smetto quando voglio del 32enne salernitano Sidney Sibilia si mangia tutti i cinepanettoni e recupera con ritmo la leggerezza del racconto da gruppo di perdenti alla Monicelli.
Maurizio Porro su Il Corriere della Sera

Simpatico e convincente film d’esordio del salernitano Sidney Sibilia, ipotizzando sul modello I soliti ignoti una banda composta di ingenui dilettanti del crimine, innesta nella storia la componente del discorso sociale, ma con freschezza e senza appesantimenti come in certe riuscite commedie britanniche.
Alessandra Levantesi su La Stampa

Il film è ben costruito, ha un ritmo pazzesco ed è magnificamente recitato senza coinvolgere nessuno dei comici cinepanettonici o solitamente idioti imperanti (…) I nomi magari non vi dicono molto, ma dopo aver visto Smetto quando voglio andrete a cercare i loro prossimi film.
Alberto Crespi su L'Unità


Assieme ai suoi cosceneggiatori Valerio Attanasio e Andrea Garello, Sibilia fa un esordio folgorante con una pellicola divertente e intelligente, la cui premessa è solo in apparenza assurda, visto che si prende spunto da un articolo di cronaca su due laureati in filosofia impiegati come netturbini a Roma.
Daniela Catelli su comingsoon.it

Sulla carta il risultato può sembrare assurdo e totalmente folle, ma quando il team più furbo di Las Vegas incontra quello meno preparato al crimine di Roma si producono impreviste scintille di comicità. Il merito va soprattutto ad una coppia di sceneggiatori, Andrea Garello e Valerio Attanasio, capaci di consegnare un film finalmente scritto. Un'opera che, oltre la struttura narrativa più elementare, si prende cura di dettagli spesso sottovalutati come la personalità di ogni singolo membro del gruppo e l'evoluzione di tutti i personaggi coinvolti nella vicenda. 
Tiziana Morganti su movieplayer.it 

Ingredienti per una commedia di successo: un'idea sul filo del "politically uncorrect", un finale azzeccato come raramente si vede, nessun cambio di registro nonostante sullo sfondo ci sia amara realtà, un cast senza primedonne, uno stile che guarda oltre i nostri confini anziché al nostro passato (a quello già ammicca il soggetto) e risate, tante. Il tutto fatto da un esordiente classe '81. Complimenti a lui e a chi gli ha permesso di farlo.

Con un occhio confesso a Breaking Bad e The Bing Bang Theory, l’esordiente 31 enne Sydney Sibilia confeziona la commedia che da tanto tempo avremmo voluto vedere entro gli italici confini: fotografia fluo e acida, dialoghi forbiti e auto dissacranti, l’umorismo annodato a doppio filo alla precarietà, la fuga dei cervelli non più dal Bel paese, ma dalla legalità.
Federico Pontiggia su cinematografo.it

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