Rassegna stampa "Allacciate le cinture", recensioni da stampa e web sul nuovo film di Ferzan Ozpetek che parla di amore e malattia con Kasia Smutniak e Francesco Arca (si, l'ex tronista e l'ex massaggiatore di piedi di Lele Mora). A voi la visione e il giudizio...Nel frattempo ecco una serie di recensioni da stampa e web per farvi un'idea sul film.
Drammatico - Italia 2013 - Di Ferzan Ozpetek con Kasia Smutniak, Francesco Arca, Carolina Crescentini, Luisa Ranieri, Filippo Scicchitano
Nell'arco narrativo di tredici anni viene raccontato l'amore che lega
Elena a due uomini: Antonio e Fabio. Il primo è un amore passionale e
turbolento, a causa dei diversi caratteri e delle diverse visioni del
mondo, il secondo è un amore platonico dettato da una profonda e pura
amicizia. I due uomini saranno spesso in contrasto, anche a causa della
marcata omofobia di Antonio. Antonio e Fabio segneranno inesorabilmente
la vita di Elena e i rapporti familiari e amicali che li circondano. Tredici anni dopo pero` le turbolenze della vita non sono piu` solo
sentimentali. Elena, Antonio e Fabio si trovano a combattere una
battaglia piu` drammatica e la lotta li costringe a ridefinire le regole
del gioco dei loro sentimenti per capire a che punto sono i loro
rapporti e soprattutto che cosa si puo` ancora chiamare amore.
Dice Allacciate le cinture, dunque siamo in viaggio: un viaggio di vita
costellato degli ovvi imprevisti e incidenti di percorso; e al contempo
un viaggio nelle magnifiche ossessioni del cinema di Ferzan Ozpetek (…)
Il bel finale, giocato su un intrigante scarto temporale come già nel
riuscito Magnifica presenza, riscatta poi il film di certe sue debolezze
ricordandoci i motivi per cui amiamo Ozpetek: la capacità di
trasmettere sentimenti forti, l’assenza di remore intellettualistiche,
il calore umano, la sensualità, la misteriosa, ineffabile vena
surreal/fantastica.
Alessandra Levantesi su La Stampa
L’emozione resta sospesa, più evocata che vissuta. Come se quei
personaggi esangui e un poco programmatici restassero pedine, ostaggio
di un mondo ormai così noto da diventare fin troppo “comodo”, per tutti.
Spettatori e autori.
Fabio Ferzetti su Il Messaggero
Da un lato verrebbe da dire: meno male che c’è Ozpetek, con il suo
incanto, con la sua vitaòità, con la sua fiducia incontaminata nella
forza dell’amore, con le sue passioni culinarie, con il suo immaginario
che sintetizza, in modi che sono stati originali, culture lontane…Ferzan
questo ha fatto e continua a fare, nonostante tutto, con il suo cinema,
portatore più che di un’idea di mondo (come avrebbero detto con enfasi
autoriale i critici francesi di una volta), di un’idea di amore virato
dai colori di un sentimento melodrammatico che nel tempo si è fatto meno
drammatico e più melò.
Dario Zonta su L'Unità
Che pacco l’ultimo Ozpetek. Quasi peggio del precedente Magnifica
presenza (…) per far capire che sono trascorsi gli anni, Kasia Smutniak è
dimagrita, Francesco Arca (col culetto nudo esibito tre volte)
ingrassato. Ma solo chi è rimasto sveglio se ne accorge.
Maurizio Acerbi su Il Giornale
Non c’è la continuità narrativa e lo sguardo dissacrante di film come 50 e 50,
dove il tema della malattia si affronta con emozione ma mai pietismo, e
dove il tumore non è mai veramente protagonista, schiacciato dal
carisma dei personaggi. Purtroppo questa prospettiva ad Allacciate le cinture
manca. E non bastano singole sequenze di sincera bellezza e commozione o
figure femminili forti e ben centrate a reggere un’intera pellicola, a
bilanciare immagini volutamente drammatizzate e scivoloni sentimentali
che sconfinano nel patetico; o – come nel caso del personaggio
interpretato da Arca, che nella seconda parte del film subisce una
trasformazione troppo repentina – a giustificare il percorso di
personaggi mai veramente messi a fuoco.
Silvia Urban su bestmovie.it
Se la bellissima Kasia può considerare ’superata’ la propria prova, che
anche nel suo caso l’ha costretta ad una trasformazione fisica con 8 kg
persi, a non convincere minimamente è l’interazione con l’altra metà
della mela, Francesco, così come il modo in cui Romoli ed Ozpetek hanno
costruito la loro ‘inaffondabile’ storia d’amore. Fondata essenzialmente
sul nulla, flebile nella sua introspezione e in troppi casi forzata nel
volersi mostrare per quello che non è, tanto da finire contro un muro a
velocità sostenuta. Finendo così per uscire malconcia e dolorante.
Anche se con le cinture adeguatamente allacciate.
Federico Boni su cineblog.it
La sorpresa finale, con quel brusco salto all’indietro nel tempo, non fa
che affossare il già precario equilibrio di un melò contemporaneo in cui
il tentativo di indagare i meandri dell’amore passionale messo alla
prova dal passare del tempo naufraga in un film enfatico che si arena in
una dolente sinfonia dell’amore incondizionato.
Elena Bartoni su voto10.it
Non si ritrova quel tocco del regista capace di affrontare i sentimenti
in maniera trasversale, senza sentimentalismi e lontano dalla retorica.
Clara Gipponi su cinema4stelle.it
Tanta roba, troppa roba, caro Ferzan: tagliate, a colpi d’accetta, sono
solo le psicologie, le dinamiche relazionali, l’incontrarsi uomo-donna,
con dinamiche che manco Malena (versione spot di Dolce&Gabbana,
ovvio), che la passione ha delle passioni che questo cinema
enfatizzando, se non ridicolizzando, disconosce.
Tutto il resto, i tagli non li sopporta, proprio no: eros e thanatos, ragione (sì?) e detrimento, sogno o son desto o son malato, su nulla si lesina. Fino al paradosso: le cinture sono allacciate, ma, caro Ozpetek, dove andiamo? Non nelle contraddizioni, non nel caos, non nell'essere qui e ora, no: per lui si va nell'Italia indolente.
Tutto il resto, i tagli non li sopporta, proprio no: eros e thanatos, ragione (sì?) e detrimento, sogno o son desto o son malato, su nulla si lesina. Fino al paradosso: le cinture sono allacciate, ma, caro Ozpetek, dove andiamo? Non nelle contraddizioni, non nel caos, non nell'essere qui e ora, no: per lui si va nell'Italia indolente.
Federico Pontiggia su cinematografo.it
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