Rassegna stampa "I corpi estranei", recensioni da stampa e web

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Rassegna stampa "I corpi estranei", recensioni da stampa e web sul nuovo film di Mirko Locatelli con Filippo Timi: due storie di migrazione accomunate dal dolore e la malattia.


I CORPI ESTRANEI
Drammatico - Italia 2013 - Di Mirko Locatelli con Filippo Timi
Antonio (Filippo Timi) e Pietro, un uomo e il suo bambino, soli a Milano per guarire da una malattia. Pietro ha un tumore al cervello, la migrazione al nord rappresenta lo spiraglio, la salvezza. Jaber (l'esordiente Jaouher Brahim), quindici anni, vive a Milano con un gruppo di connazionali. E' arrivato in Europa da poco, con gli immigrati in fuga dal Nord Africa, in seguito agli scontri e alle agitazioni scoppiate con la primavera araba. L'ospedale, una città nella città, dove tutti sono costretti a sostare: Antonio per guarire Pietro, Jaber per assistere Youssef, suo amico fraterno. La malattia è il pretesto per un incontro, tra Antonio e Jaber, due anime sole e impaurite, due "corpi estranei" alle prese con il dolore e la precarietà.


È un film di poche parole di Mirko Locatelli; però è un film molto eloquente. Grazie all'interpretazione di Filippo Timi, che lo regge quasi per intero sulle proprie spalle, e alla grande; e grazie a una regia calcolatissima e insieme fluida: semi-soggettive, carrelli a precedere e a seguire, fotografia che percorre gli ambienti in lunghi piani-sequenza, come nel cinema dei fratelli Dardenne. Un film che non cerca di compiacere lo spettatore, certo; non cerebrale, però: anzi, emotivamente intenso nel suo linguaggio severo ma "necessario". 
Roberto Nepoti su La Repubblica

Il film di Locatelli è propositivo, non angoscia, mostra la metamorfosi del personaggio, interpretato da Filippo Timi, attore straordinario che qui raggiunge risultati impensabili (…) il film stesso prima di vederlo è un corpo estraneo che ci diventa consanguineo specie se raccontato da Locatelli con lo stile di un’istantanea del dolore ma anche della tenerezza e della dolcezza del padre.
Maurizio Porro su Il Corriere della sera

I corpi estranei schiva ogni possibile trucco di sceneggiatura ma chiede molto allo spettatore. Finendo per poggiare quasi tutto sulle spalle di Timi. E di quella situazione limite. 
Fabio Ferzetti su Il Messaggero

Nobile e tartarughesco dramma, che affastella , malattia, razzismo e lavoro nero.
Massimo Bertarelli su Il Giornale 


Soffermandosi sui gesti quotidiani legati al ricovero e su inconvenienti pratici, Locatelli ci tiene a chiudere la porta alla sofferenza, al ricatto allo spettatore. Con grande umiltà, lascia invece entrare la solitudine, a cui aggancia, senza forzature, il tema dell'incontro fra diverse culture.
Carola Proto su comingsoon.it

Dignità e pudore: queste le parole chiave da cui muove I corpi estranei per portare in scena un dramma a forte rischio "ricatto emotivo": inattaccabile quando si tratta di empatizzare con la sofferenza di un padre stretto dalla morsa di un dolore così indicibile, francamente rivedibile per quello che attiene lo sviluppo del racconto. Un film comunque dignitoso, a cui mancano troppe cose per dirsi pienamente riuscito.
Valerio Sammarco su cinematografo.it

Un Timi a 360°, tanto detestabile quanto encomiabile, letteralmente fagocitato da Locatelli che ha di fatto realizzato l’intero film poggiandolo sulle sue forti spalle, recitativamente parlando sempre più invidiabili. Peccato che a mancare sia stato il contorno, troppo povero per ‘resistere’ tanto a lungo e inspiegabilmente troppo silenzioso, con lo splendido tema musicale dei Baustelle utilizzato con il contagocce. Questi due corpi così distanti eppure così vicini si sfiorano e si temono, per poi impattare ed imparare a rispettarsi alla fine di un’opera apprezzabile ed interessante nel soggetto, ma oggettivamente indifendibile nella sua costruzione.
dr apocalypse su cineblog.it 

Si soffre inevitailmente, tanto per il tema quanto perché si viene lasciati da soli di fronte al dolore; manca però il pathos giusto, va bene evitare pietismo e lacrime facili, ma il tema avrebbe richiesto maggior coinvolgimento dello spettatore. Non è una critica, ma è una scelta strana un film del genere come opera seconda: un film lontano dal grande pubblico nonostante un attore che al pubblico piace stia in scena dal primo all'ultimo fotogramma.
Glauco Almonte su cinemadelsilenzio.it

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