Rassegna stampa "Il mondo fino in fondo", recensioni da stampa e web dell'opera prima di Alessandro Lunardelli con due fratelli in un viaggio tra Italia, Spagna e Cile...
IL MONDO FINO IN FONDO
Commedia drammatica - Italia 2013 - Di Alessandro Lunardelli con B.Bobulova, F.Scicchitano
Davide
e suo fratello Loris vivono ad Agro, un paesino del nord Italia. Per
seguire in trasferta la sua squadra del cuore che Loris chiede a
Davide di andare con lui a Barcellona a vedere la partita. In Spagna,
Davide conosce Andy, cileno ed ecologista convinto, di cui si invaghisce
al primo sguardo; Andy invita Davide ad andare con lui a Santiago e il
ragazzo non può fare a meno di seguirlo, abbagliato forse,
dall’illusione di una fuga d’amore.
Se lo schema narrativo traccia itinerari noti (il romanzo di formazione, il roadmovie), gli episodi s'avventurano anche per sentieri poco battuti. Come nelle scene in cui Loris, spaesato, interagisce con Lucho (il bravo attore cileno Alfredo Castro, visto in "Tony Manero"), imprevedibile tassista a suo tempo vittima della dittatura.
Roberto Nepoti su La Repubblica
Esordio di Alessandro Lunardelli, regista con esperienza nel documentario, Il mondo fino in fondo è un road movie fragile nella sceneggiatura e però apprezzabile per almeno due motivi. Intanto perché si allunga nella strada del mondo, come nel cinema nostrano difficilmente accade, trasmigrando dal contesto della provincia dell’Italia del nord ai locali di Barcellona fino alla remota Patagonia, meta affettiva e simbolica di un viaggio dalla valenza esistenziale. Poi perché nonostante personaggi e situazioni siano costruiti in modo debole e inadeguato, gli interpreti ne escono fuori con una certa vividezza.
Alessandra Levantesi su La Stampa
Un film tenuto da una solida regia, una narrazione che glissa sui punti focali per non cadere nel melò (la confessione dopo il goal), con glosse sulla calcio mania alla Dino Risi e appunti sulle velenose miniere a cielo aperto. Tutto il detto e non detto negli occhi prensili di due attori bravissimi come Filippo Scicchitano che non sbaglia una mossa, e Luca Marinelli che si vendica della solitudine dei numeri primi tentando la via dell’infanzia di un capo piccolo borghese.
Maurizio Porro su Il Corriere della sera
Commedia agrodolce on the roar (…) Il tono oscilla tra rabbia spensieratezza, il montaggio di Lunardelli è sopraffino (il film scorre a meraviglia), l’accento de protagonisti indefinibile, Ma i fratelli funzionano. E alla fine ti affezioni.
Francesco Alò su Il Messaggero
Il mondo fino in fondo, nato da un soggetto dello stesso Alessandro Lunardelli, è un film dalle grandiosi intenzioni narrative. L’intento del regista è quello di affrontare alcune tematiche profondamente attuali, quasi in un tentativo di dialogo riflessivo con il pubblico. Tutti elementi, questi, che presi singolarmente avrebbero potuto portare ad uno svolgimento senz’altro interessante; il problema è che Lunardelli ha scommesso su troppe carte, e il risultato è un’accozzaglia di situazioni confuse, appesantite da una sceneggiatura che risente, soprattutto nella parte centrale, di un eccesso di personaggi, situazioni e problemi da risolvere.
Erika Pomella su silenzioinsala.com
Lunardelli, infatti, incastrando la sfera personale a quella sociale, cerca di sensibilizzare lo spettatore su questioni importanti che vanno dalla ricerca e accettazione di se stessi, fino ai problemi dell'ambiente, riuscendo a trovare un sufficiente equilibrio nella messa in scena. Il mondo fino in fondo è un viaggio introspettivo e fisico nel nostro io più profondo tanto quanto nelle zone alla fine della Terra, dove l'incontro-scontro con fattori esterni ed interni diventano il motore che cambia radicalmente la percezione dei due protagonisti.
Sara Prian su voto10.it
Il problema è la sceneggiatura: il regista, autore dello script con Vanessa Picciarelli, ha messo troppa carne al fuoco. Il tema dell’omosessualità sembra più un pretesto per innescare la vicenda che il cuore della narrazione, mentre non si capisce fino a che punto i cenni al travagliato passato politico del Cile, presente nella figura dell’ambiguo tassista Lucio (un bravo Alfredo Castro), possano innestarsi sulle dinamiche del confronto familiare. Belli i paesaggi, ma il viaggio da Nord al Sud dell’anima lascia perplessi.
Gianfrancesco Iacono su cinematografo.it
Quella di Lunardelli è una regia innamorata alla follia dei personaggi che racconta e che, proprio per questo, dimentica paradossalmente di donar loro il giusto spessore psicologico. Eppure, di premesse promettenti ve ne erano: il silenzio del giovane Davide in primis, che finalmente permetteva di portare sullo schermo un'omosessualità "tacita", non sbandierata, lontano dai soliti clichés; il rapporto con il fratello Loris in secundis, sviluppato a dovere solo sul finale. Insomma, il talento di Lunardelli è un bocciolo sicuramente ravvisabile che, probabilmente, riuscirà a sbocciare in un futuro prossimo..
D. Di Benedetti su cinema4stelle.it
Se lo schema narrativo traccia itinerari noti (il romanzo di formazione, il roadmovie), gli episodi s'avventurano anche per sentieri poco battuti. Come nelle scene in cui Loris, spaesato, interagisce con Lucho (il bravo attore cileno Alfredo Castro, visto in "Tony Manero"), imprevedibile tassista a suo tempo vittima della dittatura.
Roberto Nepoti su La Repubblica
Esordio di Alessandro Lunardelli, regista con esperienza nel documentario, Il mondo fino in fondo è un road movie fragile nella sceneggiatura e però apprezzabile per almeno due motivi. Intanto perché si allunga nella strada del mondo, come nel cinema nostrano difficilmente accade, trasmigrando dal contesto della provincia dell’Italia del nord ai locali di Barcellona fino alla remota Patagonia, meta affettiva e simbolica di un viaggio dalla valenza esistenziale. Poi perché nonostante personaggi e situazioni siano costruiti in modo debole e inadeguato, gli interpreti ne escono fuori con una certa vividezza.
Alessandra Levantesi su La Stampa
Un film tenuto da una solida regia, una narrazione che glissa sui punti focali per non cadere nel melò (la confessione dopo il goal), con glosse sulla calcio mania alla Dino Risi e appunti sulle velenose miniere a cielo aperto. Tutto il detto e non detto negli occhi prensili di due attori bravissimi come Filippo Scicchitano che non sbaglia una mossa, e Luca Marinelli che si vendica della solitudine dei numeri primi tentando la via dell’infanzia di un capo piccolo borghese.
Maurizio Porro su Il Corriere della sera
Commedia agrodolce on the roar (…) Il tono oscilla tra rabbia spensieratezza, il montaggio di Lunardelli è sopraffino (il film scorre a meraviglia), l’accento de protagonisti indefinibile, Ma i fratelli funzionano. E alla fine ti affezioni.
Francesco Alò su Il Messaggero
Il mondo fino in fondo, nato da un soggetto dello stesso Alessandro Lunardelli, è un film dalle grandiosi intenzioni narrative. L’intento del regista è quello di affrontare alcune tematiche profondamente attuali, quasi in un tentativo di dialogo riflessivo con il pubblico. Tutti elementi, questi, che presi singolarmente avrebbero potuto portare ad uno svolgimento senz’altro interessante; il problema è che Lunardelli ha scommesso su troppe carte, e il risultato è un’accozzaglia di situazioni confuse, appesantite da una sceneggiatura che risente, soprattutto nella parte centrale, di un eccesso di personaggi, situazioni e problemi da risolvere.
Erika Pomella su silenzioinsala.com
Lunardelli, infatti, incastrando la sfera personale a quella sociale, cerca di sensibilizzare lo spettatore su questioni importanti che vanno dalla ricerca e accettazione di se stessi, fino ai problemi dell'ambiente, riuscendo a trovare un sufficiente equilibrio nella messa in scena. Il mondo fino in fondo è un viaggio introspettivo e fisico nel nostro io più profondo tanto quanto nelle zone alla fine della Terra, dove l'incontro-scontro con fattori esterni ed interni diventano il motore che cambia radicalmente la percezione dei due protagonisti.
Sara Prian su voto10.it
Il problema è la sceneggiatura: il regista, autore dello script con Vanessa Picciarelli, ha messo troppa carne al fuoco. Il tema dell’omosessualità sembra più un pretesto per innescare la vicenda che il cuore della narrazione, mentre non si capisce fino a che punto i cenni al travagliato passato politico del Cile, presente nella figura dell’ambiguo tassista Lucio (un bravo Alfredo Castro), possano innestarsi sulle dinamiche del confronto familiare. Belli i paesaggi, ma il viaggio da Nord al Sud dell’anima lascia perplessi.
Gianfrancesco Iacono su cinematografo.it
Quella di Lunardelli è una regia innamorata alla follia dei personaggi che racconta e che, proprio per questo, dimentica paradossalmente di donar loro il giusto spessore psicologico. Eppure, di premesse promettenti ve ne erano: il silenzio del giovane Davide in primis, che finalmente permetteva di portare sullo schermo un'omosessualità "tacita", non sbandierata, lontano dai soliti clichés; il rapporto con il fratello Loris in secundis, sviluppato a dovere solo sul finale. Insomma, il talento di Lunardelli è un bocciolo sicuramente ravvisabile che, probabilmente, riuscirà a sbocciare in un futuro prossimo..
D. Di Benedetti su cinema4stelle.it
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