Il venditore di medicine / Recensioni stampa e web

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Rassegna stampa "Il venditore di medicine", recensioni da stampa e web del film sulle storie di corruzione nel mondo degli informatori farmaceutici con apparizione straordinaria di Marco Travaglio.


Drammatico - Italia 2013 - Di Antonio Morabito con C.Santamaria, I.Ferrari, Marco Travaglio
Anche Marco Travaglio nel film "Il venditore di medicine" che parla delle pratiche corruttive nel mondo degli informatori farmaceutici e dei medici di famiglia con protagonisti Claudio Santamaria e Isabella Ferrari per la regia di Antonio Morabito.


Un conto è l'essersi abituati a veder trasformate le farmacie in supermercati, altro conto è la luce mostruosa e sinistra che il film getta su quella parte delle nostre vite che per definizione è sinonimo di fragilità, la salute, trasformata in osceno e cinico mercato sulla pelle delle persone indifese. L'auspicio è che il film abbia calcato la mano. Ma è terribilmente credibile..)
Paolo D'Agostini su La Repubblica

Il primo film di Antonio Morabito è duro, un po’ manicheo, senza speranza (…) colpisce perché il film ha un valore visuale macabro (…) Il grottesco (presunto) Medico della mutua Sordi-Tersilli è oggi realtà indiscutibile e s’unisce a una denuncia stile Gabanelli senza se e senza ma, già materia recente di articoli e anche di illustri esperienze letterarie. Come tornare al bel cinema di denuncia anni 60 e 70, con la fulminante e perfida Isabella Ferrari che urla in carriera e taglia teste nel meeting di lavoro con Travaglio che con gusto fa un “barone”con qualche scheletro nell’armadio.
Maurizio Porro su Il Corriere della Sera

Anche se non sempre marca con la necessaria forza situazioni e personaggi, Morabito si dimostra regista asciutto ed essenziale, il copione è calibrato e Santamaria incarna con buona credibilità un personaggio che è insieme vittima e anima nera.
Alessandra Levantesi su La Stampa

Film come Il venditore di medicine sono necessari: e bisogna dire che il nostro cinema ha sempre capito questa necessità (…) film che portano alla luce mestieri sommersi, invisibili, e ne mostrano i lati più oscuri. Molto bravo Marco Travaglio nei panni di un odioso primario (…)
Alberto Crespi su L'Unità


Antonio Morabito ha buon gioco nel denunciare la gravità del reato, mettendone a fuoco con acume i funzionamenti, anche se non riesce a calibrare questo aspetto con quello privato del personaggio, alla fine legati insieme soltanto da un troppo automatico e poco credibile effetto valanga. Il giornalista Marco Travaglio interpreta, con la giusta antipatia, il professor Malinverni, mentre il critico cinematografico Roberto Silvestri ricopre il ruolo del giudice.
Marco Chiani su mymovies.it

Il venditore di medicine ci prende per mano e ci porta all’inferno: deontologia a scomparsa, Ippocrate a rivoltarsi nella tomba, avidità e corruzione a spadroneggiare e il bugiardino a far nomen omen. Denuncia e impegno civile in primo piano, mancano un po’ di dati e un tot di cattiveria, ma possiamo accontentarci? Altroché, e occhio alla cura. Meglio, chi cura la cura?
Federico Pontiggia su cinematografo.it

Ottimo soggetto per un film che non riesce a coinvolgere: personaggi con i quali è impossibile identificarsi affidati ad attori freddi, visti attraverso lo sguardo a tratti troppo compiaciuto del regista. Resta un film che darà molto da parlare al suo pubblico.
Glauco Almonte su cinemadelsilenzio.it

Il film di Antonio Morabito è ben scritto, recitato ottimamente (oltre che dai citati Ferrari e Santamaria, anche da alcuni comprimari ben scelti; e c’è pure un inedito Marco Travaglio credibile nei panni di un primario solo apparentemente integerrimo) e con il ritmo incalzante del thriller di denuncia. Forse la camera che sta troppo addosso ai personaggi, se aumenta il tono concitato e angoscioso, denota anche una povertà di budget (la produzione ha dichiarato le difficoltà nel reperire finanziamenti e ospitalità dal mondo della sanità, a causa della storia raccontata) e i pochi personaggi sulla scena. E il finale lascia un po’ a desiderare (soprattutto per la vicenda coniugale, che suona un po’ artefatta).
Antonio Autieri su sentieridelcinema.it

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