Rassegna stampa "Ritual - Una storia di psicomagia", recensioni e trailer del film tratto da "La danza della realtà" di Alejandro Jodorowsky...
RITUAL - UNA STORIA DI PSICOMAGIA
Drammatico, Da libri - Italia 2013 - Di Giulia Brazzale, Luca Immensi con Desirèe Giorgetti, Ivan Franek
La giovane e fragile Lia si trova coinvolta in un rapporto masochista
con Viktor, un sadico e narcisista avvocato 40enne. Il loro equilibrio
malato viene rotto quando Lia rimane incinta e l'uomo le impone una
scelta: “o me o il bambino”. Lia abortisce e va in pezzi. Gravemente
depressa si reca da una zia guaritrice che tenta di curarla con un atto
psicomagico jodorowskiano, ma qualcosa va storto...
La materia narrativa corre lungo una linea ostica e non facile, eppure i due esordienti sembrano poterla padroneggiare, ricavando spazi di suggestivo mistero e di thriller. Quelli che gli autori evidenziano sono temi seri, importanti, attuali (violenza, aborto, vita, medicina…). Ma la sensazione è che il film riceverebbe più sostanza se collocato dentro il mai troppo auspicato recupero dei generi. Anche nell’ambito del thriller psicologico gli anni Settanta hanno lasciato un’eredità non trascurabile. Questo Ritual, interpretato con esattezza nei ruoli principali da Desiree Giorgetti e Ivan Franek sembra l’erede diretto del mitico Non si sevizia un paperino di Lucio Fulci (1972).
Massimo Giraldi su cinematografo.it
Ritual, infatti, ha una struttura da thriller fusa con gli elementi onirici che ci ricordano Aronofsky tanto quanto Lynch. A questo i due bravi registi aggiungono l'inquietudine che si riesce a far emergere dai piccoli paesi italiani che ancora vivono di supersitizioni antichi riti, miti e leggende. Sicuramente la recitazione un po' troppo dilettantistica in alcune parti abbassa il livello dell'opera che comunque rimane uno di quei rari gioielli del nostro cinema che, ispirandosi ai grandi e contemporanei maestri americani, ci regala una pellicola ricca di fascino ed inquietudine.
Sara Prian su voto10.it
La complessità degli elementi messi in gioco da un tale argomento giustifica solo in parte il cambio di direzione improvviso che prende la pellicola (pellicola è un eufemismo, visto che è girato con le più sofisticate tecnologie digitali), scelta che si contraddice tra un inizio tra i più belli del recente cinema italiano ed uno svolgimento che disintegra tutte le premesse, abbandonandosi ad un tessuto cinematografico sfilacciato ed incerto, e ad una presentazione visiva che quasi porge l’altra guancia alla peggiore moda del mondo audio-visivo italiano: la fiction televisiva.
Antonio Romagnoli su dreamingcinema.it
Ritual, però, pur riuscendo nella comprensiva fatica di sceneggiare delle sensazioni magiche e latentemente inquietanti, finisce per giocare fin troppo con un immagine ineccepibile preferita ad una sceneggiatura costipata di simbolismi, faticando ad arrivare nel cuore di un fruitore che resta affascinato ma mai completamente partecipe di un film che invece fa dell’empatia il suo filo conduttore.
Damiano Panattoni su film4life.it
Thriller psicologico e, al contempo, storia d’amore altamente drammatica, si presenta, a suo modo, quale spaccato relativo all’incomunicabilità della coppia, accompagnato da una colonna sonora per mano di Moby e Patrizia Laquidara (nel film interpreta l’Anguana). Ma, sebbene riesca nell’impresa di enfatizzare a dovere una avvolgente atmosfera da sogno (o, forse, sarebbe meglio dire da incubo), rischia di risultare piuttosto confuso e, di conseguenza, non digeribile con facilità.
Francesco Lomuscio su everyeye.it
La materia narrativa corre lungo una linea ostica e non facile, eppure i due esordienti sembrano poterla padroneggiare, ricavando spazi di suggestivo mistero e di thriller. Quelli che gli autori evidenziano sono temi seri, importanti, attuali (violenza, aborto, vita, medicina…). Ma la sensazione è che il film riceverebbe più sostanza se collocato dentro il mai troppo auspicato recupero dei generi. Anche nell’ambito del thriller psicologico gli anni Settanta hanno lasciato un’eredità non trascurabile. Questo Ritual, interpretato con esattezza nei ruoli principali da Desiree Giorgetti e Ivan Franek sembra l’erede diretto del mitico Non si sevizia un paperino di Lucio Fulci (1972).
Massimo Giraldi su cinematografo.it
Ritual, infatti, ha una struttura da thriller fusa con gli elementi onirici che ci ricordano Aronofsky tanto quanto Lynch. A questo i due bravi registi aggiungono l'inquietudine che si riesce a far emergere dai piccoli paesi italiani che ancora vivono di supersitizioni antichi riti, miti e leggende. Sicuramente la recitazione un po' troppo dilettantistica in alcune parti abbassa il livello dell'opera che comunque rimane uno di quei rari gioielli del nostro cinema che, ispirandosi ai grandi e contemporanei maestri americani, ci regala una pellicola ricca di fascino ed inquietudine.
Sara Prian su voto10.it
La complessità degli elementi messi in gioco da un tale argomento giustifica solo in parte il cambio di direzione improvviso che prende la pellicola (pellicola è un eufemismo, visto che è girato con le più sofisticate tecnologie digitali), scelta che si contraddice tra un inizio tra i più belli del recente cinema italiano ed uno svolgimento che disintegra tutte le premesse, abbandonandosi ad un tessuto cinematografico sfilacciato ed incerto, e ad una presentazione visiva che quasi porge l’altra guancia alla peggiore moda del mondo audio-visivo italiano: la fiction televisiva.
Antonio Romagnoli su dreamingcinema.it
Ritual, però, pur riuscendo nella comprensiva fatica di sceneggiare delle sensazioni magiche e latentemente inquietanti, finisce per giocare fin troppo con un immagine ineccepibile preferita ad una sceneggiatura costipata di simbolismi, faticando ad arrivare nel cuore di un fruitore che resta affascinato ma mai completamente partecipe di un film che invece fa dell’empatia il suo filo conduttore.
Damiano Panattoni su film4life.it
Thriller psicologico e, al contempo, storia d’amore altamente drammatica, si presenta, a suo modo, quale spaccato relativo all’incomunicabilità della coppia, accompagnato da una colonna sonora per mano di Moby e Patrizia Laquidara (nel film interpreta l’Anguana). Ma, sebbene riesca nell’impresa di enfatizzare a dovere una avvolgente atmosfera da sogno (o, forse, sarebbe meglio dire da incubo), rischia di risultare piuttosto confuso e, di conseguenza, non digeribile con facilità.
Francesco Lomuscio su everyeye.it
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