Viene dalla Slovenia la pellicola piu' interessante di questo week-end al cinema: Class Enemy. Un film, interamente ambientato dentro le mura di una scuola, presentato nella Settimana della Critica di Venezia 2014 ed esordio per Rok Bicek. Di seguito le recensioni, la rassegna stampa e web sul film.
CLASS ENEMY
Drammatico - Slovenia 2013 - Di Rok Bicek con Igor Samobor, Natasa Barbara Gracner
È davvero tutto così tranquillo, sotto la patina di normalità? Basta
l’arrivo del nuovo professore, il durissimo Robert, per innescare un
violento corto circuito didattico e umano, poco dopo la tragica morte di
una studentessa che devasta gravemente gli equilibri. Il dolore dei
ragazzi si traduce immediatamente in rabbia e la rabbia, alimentata da
interrogativi esistenziali troppo difficili da affrontare, si traduce in
caccia: caccia al colpevole, caccia al nemico. Una scorciatoia emotiva
che impatta, fatalmente, contro il nuovo professore: il colpevole
perfetto, il nemico perfetto.
Diretto da un regista sloveno non ancora trentenne e presentato alla
Settimana della Critica di Venezia, un esordio intelligente che scarta
ammirevolmente tutti gli stereotipi dello "school movie".
Non solo per l'ottima composizione del cast, assortimento di attori
professionisti e studenti scelti nelle scuole. La sua forza sta
nell'assumere diversi punti di vista, mostrando anche le ragioni di un
insegnante severo perché prende il suo compito molto seriamente.
Roberto Nepoti su La Repubblica
Bicek segue con buon controllo le fasi in crescita dello scontro e lo
scioglimento finale, tenendo conto delle motivazioni di ognuno, ma è
chiaro che con la sua trasparente intransigenza è proprio Zupan il vero
maestro di vita.
Alessandra Levantesi su La Stampa
Pur nella sua estraneità, Class Enemy è pasoliniano per la
forza dei temi e i linguaggi densi di realismo utilizzati. Ma anche per
l’affiancamento di un grande attore a un gruppo di giovani talentuosi e
di primo pelo. L’esordio distribuito da Tucker Film non sarà campione d’incassi con le sue 25 copie italiane, ma esempio lucidissimo di piccolo grande cinema.
Francesco Di Brigida su Il Fatto Quotidiano
Film vivo, vibrante, traboccante di energie e di domande senza risposta..
Fabio Ferzetti su Il Messaggero
Critica del paternalismo didattico, e (forse) metafora delle tensioni
che percorrono la società slovena. Coraggioso, ma qua e là schematico.
Roberto Escobar su L'Espresso
L’ambiente scolastico viene mostrato come un terreno di battaglia
(evidente la metafora socio-culturale messa in campo), dove tutti
possono sfogare le proprie repressioni..L’efficacia
del lavoro (seppur imperfetto) di Biček sta nel non accontentarsi di un
buon soggetto, ma nel cercare di svilupparlo al meglio, con coraggio e
con ottima consapevolezza del mezzo tecnico a propria disposizione (il
regista ha iniziato la sua carriera come montatore). Indubbiamente un
talento, anche per quanto riguarda la direzione degli attori, da tenere
in grande considerazione per il futuro.
Andrea Chimento su cinematografo.it
Il livello di Class Enemy lo si vede anche nei dettagli, nel
come sono scolpiti e curati i personaggi collaterali, dalla
professoressa incinta alla preside, al compagni di classe cinese cui
tocca una battuta folgorante e rivelatrice: “Voi sloveni se non vi
suicidate, vi ammazzate tra di voi” (detta di fronte a furibondo scontro
fisico tra due suoi compagni di classe).
Luigi Locatelli su nuovocinemalocatelli.com
Un'opera prima decisamente ben riuscita, dal sapore claustrofobico
poiché tutta girata all'interno di un liceo. Il film è un racconto
onesto di una realtà adolescenziale contemporanea messa a fuoco dallo
sguardo giovane, sensibile, originale e attento di Rok Bicek. Bravi
dvvero gli attori - sia i professionisti sia (sopratutto) i
non-professionisti.
Roberta Buttarazzi su cinemadelsilenzio.it
Non è facile gestire un film di circa 112 minuti e ambientato completamente all’interno di una scuola, ma Rok Biček ci riesce perfettamente facendosi beffa della regola cinematografica dei 60° e trasmettendoci una complessità di emozioni e pensieri
che sarebbe inutile, oltre che riduttivo, isolare in singole frasi
autoconclusive con la speranza di rendere appieno un pensiero che non è
univoco, ma di libera interpretazione dello spettatore. Forse con una
sola eccezione: non è tutto bianco o nero.
Edoardo Montanari su cinemamente.com
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